sabato 8 maggio 2010

L'ultima carambola di luce


...poi tornammo, ognuno, alle proprie occupazioni.
La sartina ad imbastire le giacche agli ufficiali, io a profilare capsule per la posta pneumatica, gli altri operai a trasferire, dalla marmorizzazione, una mastodontica levigatrice a vapore.
Sulle nostre teste c'e' chi dipende da noi. La fabbrica non puo' fermarsi.

[...]

C' e' un ora del giorno in cui i raggi del sole valicano le grate delle basse finestre che, dalle officine, menano sul marciapiede.
S' insinuano tra il vociare dei passanti, il turbine delle autovetture, lo strisciare di candidi bastoni per ciechi ed il ticchettare delle zampe di cane.
Penetrano nei locali dell' Antica Fabbrica e si riflettono, moltiplicandosi, tra gli ottoni dei macchinari.

[Chi se ne occupa e' Ifigenio, un operaio greco dalla piccola eta' ma dal grande sorriso. E' ormai abituale percepirlo, come cogliere il fuggire d'ombra di un fantasma, mentre guizza tra le valvole, strofinandole con le sue mani irsute, guantate di daino ed olio di gomito.]


Ogni pressa, trasportatore o biella si fa specchio lucidissimo che, da acciaio si muta in oro; messaggero d'ottone, ambrato d' un annuncio di riposo.
Quel raggio di sole, dopo mille carambole, m' abbaglia accecandomi e, piu' del vecchio orologio dal piatto bianco che spezza la parete, afferma che e' ora, anche per il morente giorno, di dare un commiato al tornio.
Ma cio' non oggi.
Oggi il tempo striscia i piedi nei sotterranei del McPerson.
L' orologio e' fermo ad un' odierna antimeridiana ed il sole non ha premura di bussare a quelle grate.

Ho imparato a riconoscere l'ora di compieta dalla frenesia che giunge dalla strada.
Da fuori.
Ma chi, tra queste officine, si e mai preoccupato di cio' che accade fuori? E chi, oggi puo aver pensieri d'altro che dal Ragazzo del Lift?

Dentro di me e'ancora vivo...

Indolente, lascio il banco.
Anche per oggi ho dato, si smetta di fresare.
Ma quanto ho lavorato? Certo meno di ieri e meno di sempre.
Le volte in cui lacrime pannavano la vista, distogliendomi la mano dalla frizione, non si sono contate.
Questo la sartina non potrebbe capirlo.

Oggi non e' un' ordinario giorno feriale, e dopo di oggi non ci saranno piu' giorni festivi.

E' ora di tornare a casa.
Stringo i pugni nelle tasche come ad impugnarmi il cuore.
La strada verso la monorotaia mi e' abituale; la imbocco ad occhi chiusi, siggillando le lacrime e sfioro, con le dita, la sfrangia di seta della fodera.
E mi sovviene il profumo dei suoi capelli, e la mancanza, come ad accarezzarne, in tasca, una sua ciocca.
[2 - CONTINUA...]

1 commento:

  1. consigliere e specchio, egli ora non è più. per l'occasione ho tolto la veletta, che invero sarebbe servita a celare le lagrime..

    RispondiElimina