mercoledì 26 maggio 2010

La Porziuncola e la Macchina a Vapore


Rendo il carrello al suo capolinea.
"1882".
E’ la cifra impressa sul pomello di ghisa che avvia il ritorno della monorotaia.
Ci gioco con l’ unghia mentre la sento cigolare cadenzando i cicli di statica.
Scompare presto dietro l’ ultima curva.
Questa vecchia monorotaia segna la distanza che separa l'area di lavoro della fabbrica dalla nostra casa.
La nostra casa.
Un tempo era un deposito di bobine di campo destinate alle ricerche del Buon Architetto.
Qui si rinchiudeva per i suoi studi che duravano settimane.
Cosa realizzasse in quei giorni in cui , allontanati gli operai, viveva ,demiurgo eremita, sigillato nella fabbrica, e’ un segreto che porto’ nella tomba.
Smettemmo di tentare di comprenderlo dopo la tragica scomparsa della figlia.
Povera piccola Ada dai riccioli corvini.
Ma oggi quel deposito e’ la nostra tana, io e la Sartina a cio’ l' abbiamo eletta, conferendole, col lavoro e l’ amore, il dono dell’ accoglienza.
Nulla manca per definirla un focolare domestico. Puo’ darsi difetti delle tende alle finestre, ma cio’ solo perche’ non vi sono finestre...
L’inatteso eco di un urto metallico si diffonde remoto per la fabbrica.
E’ la monorotaia che avverte sul termine della sua corsa.
Quando l’eco si spegne m’accorgo che anche Lei mi stava amando, ugualmente tacendo.
Varco la soglia accorto a non sfrangiare quel silenzio.
[4 –continua]

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