venerdì 4 giugno 2010

Vertigini centrifughe in preghiere tibetane.


Lei solleva lo sguardo coeva a lui che, nel passarle accanto, entra in casa, fecendo tintinnare, con la mano libera, i friseaux del lembo di tela stampata, della sua gonna.
In quello sfiorare si lascia investire dall’ intensita’. La medesima forza delle sue prese suoi fianchi di Lei, dalle quali, in altri momenti , aveva imparato a dipendere.
Il cursore delle falangi di Lui per le pieghe della sua sottana le rintocca scale di pulsione come bastone che striscia su di una cancellata. Vertigini centrifughe di preghiere tibetane.
La stampa di pesci, ricorsiva sulla tela, si tinge di rosso, e lei, vermiglia con loro.
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Eppure Lei resta ancora, come gorgoyle a guardia della porta , il cui uscio sarebbe rimasto aperto.
Poi entra, come attratta dalla tavola che, tra i pensieri che, stamane, cercavano Lui, aveva apparecchiata.
Ne sfiora col fianco la costa di legno, imbrigliando le pupille fisse verso il cielo a fissare le direttrici di travi d’acero al soffitto.
In apparenza.
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“mon précieux”, sussurra. Quieta.
Bisbiglio dalla dinamica che alcuno potrebbe cogliere, altri se non il suo infungibile destinatario.
“mon précieux”
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Accanto alla Sartina i mesi trascorsi sono giorni ed e’ solo ieri che Thinghie ridiede luce all’undicesimo piano del McPerson sostituendo la torretta a croce di malta del Prevost P55 . Per settimane il volto di Capomario sotto la visiera del caschetto fu solo il suo sorriso e per gratitudine fece trovare accanto la gamella di Thinghie quel plaid di lana andina.
“mon précieux”
Lui lo spiegava, dando di spalle alla francese, sul divano.
“mon précieux”
Il suono di quella parole. Basto' ad ogni cosa.
Un guizzo di vita svelo', per un istante infinito, quel telo nero dal cuore.
Sorrise.
Fu, grazie a Lei, cio' che sarebbe stato l'unico sorriso di quella giornata.
Lui lo sapeva.

[5 - continua]