giovedì 23 dicembre 2010

Il XIV piano.


‘‘Quel lift’‘ aggiunse Thinghie ‘‘era divenuta la sua missione , ma le ragioni piu’ profonde per cui assunse , stavolta, proprio tale ruolo o cosa lo condusse, restano sconosciuti a me ed a tutta la compagnia del lift, ma, ne sono certo, fu per lui un imperativo e le sue parole, Signora, graffiano le tenebre, gettando brandelli di luce sulla scienza dello scopo al McPerson.
Ma Lei, piuttosto, aspirava a visitare i luogo ove abbiamo deposto cio’ che di lui…?’‘
‘‘E’ cio’ che desideravo, si! Mi ci condurrebbe, mio caro?’‘ Rispose scivolando felina sull’ apertura di quella prima vocale.
‘‘Con tutto il mio piacere, Dama’‘
Thinghie prese con devozione le sue falangi, in un goffo tentativo di grazia, e la condusse verso la monorotaia.
La Dama, al contrario, non mostro’ difficolta’ alcuna a rendere leggeri i suoi passi essendosene d’istinto.
Il suono prodotto dalla bobina in tensione riempi’ l’aria della cabina di controllo.
Thinghie sistemo’ un grosso mattone alla base della panca semovibile, quale gradino all’uopo. Repentina, la dama scavallo’ non scrollandosi grazia.
Non appena Thinghie si fu accertato che la sua ospite fosse comoda, si sedette accanto a Lei, ma rigorosamente di spalle e libero’ i freni in ghisa che sguinzagliarono la ruote piombate, gia’ frementi di pressioni elettriche.
Avviata la rudimentale vettura, la Dama si rivolse spontamea a lui e sospiro’:’‘Andra’ bene. Non ho paura’‘ e si strinse nella mantella, ma non per freddo, bensi’ per scacciare quell’insistente brivido che la percorreva dal primo istante in cui era scesa fin laggiu’.
Quel gesto le fu di ristoro come un cordiale . ‘‘Andiamo, si.’‘ Disse infine con voce risoluta.
Nei cambi di binario della monorotaia, la panca dava sussulti ma la dama restava ritta, regale, come se alcun colpo la tangesse. Thinghie resto’ silenzioso per tutto il tragitto. Allo svincolo dell’ultima curva si lascio’ cadere con un colpo di reni, mentre rallentava con le mani l’inerzia della monorotaia; senza pensarci e affine all’uso che era della sartina, la sollevo’ , prendendola in braccio, con tutta la dolcezza di cui era capace. La Dama non si avvide di quel gesto apparentemente inopportuno ma anzi le appari’ paterno e di cura.
La monorotaia terminava prossima al totem , alla base del quale era stato seppellito il corpo del Ragazzo del Lift. Quel monumento venne impiantato li’ alla fondazione dell’antica fabbrica. Chi lo eresse non era da sapere ma, spesso, Napoleone lo carezzava, passandoci accanto con intenzione.
La tomba del Ragazzo del Lift era segnata da una serie di lastre d’ardesia incrociate a shangai, creando un’aracnide tumulo. A lato, una miriade di oggetti; un carosello di mazzi di fiori olografici, ciotole di sieri, pizzi in tessuti esotici, armi tribali, papiri e decine di altri oggetti; doni conferiti da chi lo aveva conosciuto nei giorni remoti del Lift.
Una volta di fronte al ceppo, la Dama resto’ qualche passo indietro, immobile, come se d’improvviso il ticchettìo dei suoi passi le paresse incredibilmente sgraziato. Cosi’, immobile e silenziosa, infine, sorrise, e quel sorriso la condusse con dolcezza accanto al totem.
Era armonioso quel silenzio che da Lei si dipanava tutt’intorno. Con gesto delicato trasse dalla sua borsetta una minuscola ampolla di gres ,contenente un’ambrosia di olio profumato . ‘‘E’ per Te’‘, sussurro’, ‘‘…e per me e forse non c’e’ differenza.’‘. Lo pose accanto agli altri doni e, china, carezzo’ le lastre d’ardesia senza ferimento, col gesto familiare di chi, mille volte lo ha fatto ed altre mille volte lo fara’.
Si rialzo’ e la sua schiena restava dritta.
‘‘Ho questo’‘ disse, di scatto e con voce acuta, rivolgendosi al suo accompagnatore e mostrandogli a mani aperte, con fare infantile, un minuscolo fagotto di seta ricamata che aveva tratto dalla sua borsetta.
Lo svolse lentamente ed una piccola chiave d’avorio si paleso’ ai loro occhi.
‘‘Me la diede in custodia molto tempo fa. Lui disse che avrei saputo che farne; ho sentito di portarla con me’‘.
Thinghie con sguardo dolcemente indagatore studio’ quella piccola chiave , cercando una risposta che probabilmente gia’ risiedeva in lui.
Fisso’ la dama come si fa con un bambino appena venuto al mondo, con la dolcezza che si dedica al suono frantoio dei primi fiocchi di neve, con la pace degli odori di maggio e la risolutezza di chi sa cio’ che era stata espressione di tempi non sospetti.
Quindi frugo’ con fierezza tra i numerosi oggetti che incorniciavano la tomba del Ragazzo del lift e ne trasse uno scuro scrigno in legno, lavorato ad ebano, sulla cui superficie si rincorrevano, in vari orientamenti e dimensioni, l’intarsio di un ideogramma dal senso a loro sconosciuto.
Lo consegno’ alla Dama, la quale lascio’ scorrere le sue dita nelle fessure della serratura che ne custodiva la tara e Le fu innato tentare di sciuderla con la graziosa chiave d’ avorio che calzava, scivolando in aderenza a quella sottile apertura. Un leggero colpo come di arcaico meccanismo, scocco’ al sollevarsi del coperchio ed un odore di antico e di cenere esalo’ da quello scrigno, rivelando, al suo interno, la veletta.
La veletta che Le apparteneva e che Ella dimentico’ (volle lasciare?) nel Lift al loro primo incontro.
Era proprio la sua, la riconobbe dal monogramma rosa ricamato sul bordo, ma due elementi denunciavano il tempo trascorso e raccontavano di chissa’ quali sconosciuti eventi: le impronte, come impresse a fuoco, di un palmo di mano (forse quella agile e minuta del Ragazzo del Lift?) con accanto quella dell’ideogramma che istoriava la scatola.
‘‘La tenga per se’, Lei sa, io credo. Adesso riprenda cio’ che e’ suo’‘, Le fece Thinghie.
Quello scrigno, cosi’ sigillato, fu il dono di addio al Compagno Thinghie da parte del Ragazzo prima della sua ultima partenza.
Fu presagio o cortesia? Thinghie sapeva gia’ quale delle due e, colto da una improvvisa curiosita’, Le chiese:
‘‘L’Ha mai condotta al XIV piano?’‘ –’‘Mai’‘ Rispose guardando con aria delusa la veletta che teneva tra le mani. ‘‘Cosa c’e’ a quel piano?’‘ aggiunse Lei, dissimulando l’offesa che segno’ il loro incontro.
Thinghie trasse un lungo. ‘‘Il XIV no! Il XIV e’pericoloso!’‘, le confido’, ‘‘Mi ci condusse, una volta, dopo mille mie insistenze e fu grazie al coraggio ed alla sua visione che riuscimmo a tornare in salvo nella Hall.’‘, mentre terminava la frase si volto’ , e, come appena apparsa, scorse la Sartina accanto a se’. Per dove era giunta? Il carrello della monorotaia attendeva ancora al suo posto.
Forse era il segno che quella visita dovesse aver termine.
La Sartina si poggio’ al braccio di Thinghie, cui arrivava per altezza, e accenno’ di poggiare il suo capo su quel petto badìa, nell’intento di chi vuole alleggerire e non piu’ gravare.

[12 - continua]

1 commento:

  1. l'offesa ancora mi si strozza in gola...



    ....modifiche che donano senso
    al senso...

    RispondiElimina