domenica 10 ottobre 2010

J'ai soif


Dalla rena ocra ed oro Thinghie sollevo’ lo sguardo; perdendosi a seguire le tortuosita' del lembo di sabbia rimboccata dalla spuma.
Quel percorso sembrava mai destinato a terminare e la manina francese che stringeva conferiva ad ogni loro passo la soave sontuosita' del sorriso di regine in corteo.
Agli stridii delle roje di mare si alternavano, senza fonte precisa, l' eco di:
campanelli di gelatai, ticchettii di telescriventi, fruscii di tende, bestemmie in lingue morte, sdegni di archi voltaici, aAh-ahh di bambini e colpi sordi e vigliaccamente profondi,come di tuoni, ma che, in realta', erano abbandoni.

Non v’era stanchezza nell’andare per quello che avrebbe potuto essere il paradiso del Ragazzo del Lift; eppure, in quel momento Thinghie si fermo’, e, senza rispondere allo sguardo indagatore della Sartina punto' verso l’ interno della spiaggia, sino al punto di rendersi vedovi del sereno pendolo del mare.
Adesso era come se fossero in un deserto.
Ma senza dune.

“J'ai soif, mon petite.” Sussurro’ la Sartina, facendo leva sull’altra gamba ed estraendo il polpaccio dalla sabbia.
“Je suis ici”, le ribatte’ Thinghie, slegandole la treccia raccolta dietro il capo.
Era il momento di trovare un meta.
Respirando forte, giro’ lentamente su se’ stesso allargando le braccia cercando il richiamo del sentiero. Era quello uno dei suoi ruoli nella Compagine del Ragazzo del Lift e Mr. P. confidava su quell’istinto. Era certo che, ovunque si fossero persi, Thinghie avrebbe sempre ritrovato la strada.
La cucciola di Gallia era rimasta agganciata al suo gomito possente, adesso flesso verso l’orizzonte, confidando che il suo amore la conducesse.
Ma stavolta sarebbe stato il sentiero a trovar loro.

Nel cielo nubi lontani imitarono i moti e le tavolozze delle linee di scansione di un oscilloscopio a galena, mentre, sempre piu distinto, si udiva il friggere elettrico delle scariche di statica, prima confuse tra gli altri rumori remoti.
Un’aria di un colore blu impavido, familiare a Thinghie, ed un certo odore di ozono speziato, riporto' alla scena incresciosa, vissuta poche ore prima nell’antica fabbrica. Ma il tempo aveva davvero conto in quel deserto?

Erano gli indizi dell’arrivo di Quel treno, lo stesso che traghettava la compagnia del Ragazzo del Lift in altri “stati” al termine di ogni dovere, di ogni missione.

Thinghie abbasso’ le braccia e volse lo sguardo in direzione di quei lampi turchesi.
Sul loro capo, tra le altre, una nube piu' carica, coronata da saette magenta.
Il suo centro prese a turbinare, implodendo, mentre il perimetro assumeva il contorno del viso del Ragazzo del Lift.
Si distingueva nettamente il filo del cappello tubolare, il fiocco del papillon ed il naso sottile che sormontava le labbra semiaperte nel suo abituale, candido, sorriso motivo.
“Lui c'est ici”, sussurro’ la donna minuta, in uno sterile sguardo che residuava l’orizzonte.
Il turbine intruse al centro della nuvola, come a zapparvi un tunnel.
Thinghie, fissava quello spettacolo prevedendo il pronto avvento del treno dall’ aerea galleria.
[8 - continua]

1 commento:

  1. alle volte l'unico modo di ritrovare la strada, è perdersi.
    la signora della veletta

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